Il Lazzaro (ovvero Giuseppe Fornoni) nasce a Bergamo nel 20° secolo; è una figura di difficile “catalogazione”.
Completamente autodidatta, inizia con lo studio sull’uomo (rappresentazione della sua immagine) con pregevoli opere eseguite con tecniche varie, dove si vede l’uomo che “soffre”, pervaso, o meglio, “trafitto” dal Divino attraverso i suoi Angeli giustizieri.
I quadri di questo periodo sono volutamente autobiografici e introspettivi, in cui l’artista esterna la sua lotta interiore, “l’eterno dualismo di lotta con il buio”. I colori sono cupi o sanguigni, il richiamo è sicuramente neo-gotico, le rappresentazioni religiose.
L’artista è un uomo sempre in cammino che riesce a staccare dal suo “io” e in questa sua catarsi e resurrezione personale decide di chiamarsi LAZZARO.
Il suo carattere di eterno ricercatore lo conduce sempre all'esplorazione di colori che si sposino bene con il nero e il bianco delle tele, soffermandosi ora sulla realtà circostante, facendo rivivere nei suoi quadri la fatica e il sudore dei suoi "operai al lavoro”. Si accosta al neorealismo Espressionista americano fornendoci di una “folla” di figure sempre in movimento quasi a simboleggiare il ritmo frenetico che caratterizza questo millennio.
Proprio in questo momento in cui l’uomo non ha più tempo per fermarsi a riflettere, per pensare a se stesso, per l’artista si rende necessario fermare i “piccoli gesti quotidiani dell’uomo comune” (diventati ormai usuali) dando loro un particolare significato sulle sue tele, che rappresentano l’essenza stessa della vita. È la materializzazione dei molti “attimi fuggenti” che appartengono a ognuno di noi nel grande puzzie dell'esistenza.
I suoi quadri rappresentano perciò principalmente la storia di un’anima, che passa dalla tristezza alla gioia, dal buio alla luce e che desidera che i suoi colori cantino a piena voce.